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 MANIFESTAZIONE PER LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI
 DON BATTISTA SULLA CHIESA DELLA LIBERA

15 GENNAIO 1991

La chiesa della Madonna della Libera come si sa, è il più bel monumento di Aquino, un santuario a cui gli aquinati sono molto legati.
Negli ultimi decenni diversi ricercatori hanno pubblicato opere relative a ricerche e studi su questa nostra chiesa.
Lo ha fatto anche don Battista Colafrancesco parroco di Aquino per tantissimi anni, che ha pubblicato una raccolta di questi studi in un libro “La chiesa di Santa Maria della Libera in Aquino” presentato il 15 gennaio 1991 nella “Sala Giovenale” nel corso di una manifestazione.
Il Sindaco Antonino Grincia, chiamato dall’autore, lo ha presentato con il discorso che segue:

 

 

         E’ con grande compiacimento che ho accolto l’invito dell’autore del libro che stasera vi viene presentato a porgervi il saluto mio e dell’amministrazione comunale.
Un saluto doveroso che estendo a tutti e un ringraziamento tanto più sentito dovendosi parlare di un monumento, che al di là di qualsiasi valore artistico e culturale rappresenta per la nostra gente da quasi un millennio un punto di riferimento fisso e immutabile, un punto di aggregazione sociale (come si dice oggi), che oltrepassa il tempo e lo spazio.
Va da sé che tale punto di riferimento, che racchiude valori profondi e rappresenta momenti di forte coesione di una comunità e di una collettività, al di là e al di sopra di qualsiasi contrasto personale o sociale.
Va da sé, dicevo, che tale punto di riferimento sia un Tempio, non un tempio pagano che pure in qualche modo il monumento richiama, ma una casa dello spirito, che come gli altri racchiude l’essenza dei valori rivoluzionari della nostra religione, quel Cristianesimo che ha cambiato la mentalità del mondo tanto tempo fa, e che ancora oggi è faro per uomini anche di altre religioni, è segno di riconciliazione, è occasione di solidarietà, è strumento di pace, è certezza di eternità.
“Un tempio è un vertice in cui un passato e un futuro s’incontrano e si fondono, assumendo significati imprevisti e imprevedibili”.
Questa è la definizione che ne dà don Pellecchia, che nella presentazione chiara e partecipe, offre una testimonianza di figlio di questa terra e di questa gente, allontanandosi per una volta dalle sue alte speculazioni filosofiche, ritorna membro di questa Comunità che nella fede semplice e schietta alla Madre di Dio, ripone dolori, speranze e gioie.
Del futuro non sappiamo né possiamo intuire molto, oppressi come siamo da insicurezze e paure che, nonostante tanto benessere materiale, il presente non ci risparmia e che spesso ci spingono ad aggrapparci di più ai misteri del credo religioso: del futuro sappiamo poco, ma del passato conosciamo quanto basta per ricordare e direi anche commemorare questa sera con commozione e grata memoria, le tante generazioni che ci hanno preceduto e la cui fede forte e vibrante nella Madonna, ha permesso l’edificazione della chiesa che stiamo celebrando e la riedificazione tutte le volte (e non sono poche), che eventi storici e naturali l’hanno intaccata spesso anche in maniera assai grave.
Una volontà caparbia e tenace che anche in questi giorni sta dando i suoi frutti con l’inizio di nuovi lavori di ripristino, venuti dopo anni di riaffermazione di questa caparbia volontà che ancora resiste in tanta parte della nostra gente.
In questo caso specifico, proprio nella continua e incessante opera dell’autore del libro “La Chiesa di Santa Maria della Libera” don Battista Colafrancesco che sebbene non aquinate di nascita, degli aquinati di oggi e di ieri ha raccolto i sentimenti d’amore più profondi verso questa chiesa, proteggendola e curandola con attaccamento viscerale fin dai primi anni della sua venuta in questa Città.
E oltre che sotto l’aspetto di devozione alla “Libera”, titolare del tempio, che ha continuato e ampliato incessantemente con innumerevoli iniziative e, sotto quello materiale di custode vigile del sacro edificio, il suo impegno si è largamente manifestato anche sul piano divulgativo, e del monumento, e della devozione popolare.
Ecco che oggi, quasi a coronamento di questo impegno mai venuto meno, vede la luce il volume che questa sera viene presentato e che costituisce un vero e proprio atto d’amore di un uomo che tra quelle mura ha vissuto gli anni più importanti della sua vita.
Di queste mura ha voluto raccogliere le monografie più interessanti e più complete a motivo della trattazione sia del sentimento puramente religioso, che dell’importanza storica e soprattutto artistica della chiesa, da tempo dichiarata monumento nazionale e indubbiamente vanto non solo della nostra Città, ma anche del territorio circostante.
Certo, molto altro è stato scritto su enciclopedie, su riviste, su pubblicazioni specializzate, ma è ovvio che non tutto poteva essere riportato in quest’opera che raccoglie scritti pubblicati negli ultimi due secoli per un pubblico sia popolare che di esperti.
Alcune di queste monografie sono di autori contemporanei e vicini a noi, altre, di autori di ieri che si sono distinti nello studio sistematico della storia di Aquino.
Così andiamo dal concittadino Costantino Iadecola, che ha portato avanti una lunga tradizione di autori aquinati, allo stesso don Battista, a Giovanni Carbonara dell’Università di Roma curatore di una minuziosa ricerca scientifica, a Polidoro e Nacca, a Giannetti, a Iacobelli, per finire con gli studiosi di ieri come De Marco, Rocco Bonanni, Eliseo Grossi, Cagiano De Azevedo, Pasquale Cayro, l’autore della monumentale storia di Aquino e diocesi.
Non mancano le curiosità, come una strana relazione di un ispettore ai monumenti del secolo scorso del regno di Napoli.
Ognuno dà il proprio contributo modesto o importante che sia all’illustrazione e alla divulgazione di un’opera che nonostante il passare del tempo, e nonostante l’aggressione degli uomini che l’hanno quasi affogata in un mare di disordine ambientale, conserva tutto il suo fascino e gran parte della sua antica suggestione oltre che l’integra maestosità architettonica che per secoli ha richiamato visitatori di ogni genere.
Quando nacque infatti, poco dopo il mille, il tempio di Santa Maria della Libera era certamente il più imponente edificio sacro in un raggio di molte miglia, se si eccettua la chiesa dell’abbazia di Montecassino.
Suggestivo per la sua bellezza e per la sua posizione in un ambiente impareggiabile, isolato su una lieve altura in cima a una scalea, tra le rovine che allora dovevano essere notevoli dell’antica città romana e la nuova città medievale.
Di lato si snoda il continuo flusso di viaggiatori e viandanti della via Latina che scendeva dalla dirimpettaia Aquinum. La chiesa si specchiava nelle limpide acque del lago oggi scomparso.
Una posizione idilliaca che oggi si può appena indovinare e che allora invitava alla meditazione e alla preghiera i tanti pellegrini dell’attigua via consolare. Per secoli ha mantenuto questo ruolo di sosta di meditazione, tanto da richiamare in questa veste anche pellegrini molto illustri, per citare tra i tanti, il papa Benedetto XIII nel 700 e il card. Ratti poco prima di essere eletto al soglio di Pietro col nome di Pio XI.
Oggi quella posizione e quell’ambiente non esistono praticamente più, e dato il cambiamento dei tempi, purtroppo forse non si poteva pretendere che tutto rimanesse come una nota immagine ci ha tramandato, ma nemmeno si può accettare che il degrado che da anni imperversa in quei luoghi, si accentui ulteriormente.
Una forma architettonica tanto importante come quella di cui stiamo parlando, viene pensata e realizzata in un contesto ambientale ben preciso, scomparso il quale, c’è il rischio che anche la forma architettonica perda gran parte del proprio valore e del proprio significato.
Non possiamo permettere che si degradi a tal punto tutto quanto quelli che sono venuti prima di noi ci hanno lasciato e che noi a nostra volta dovremo consegnare a quelli che verranno. Né dovremo farci ricordare come la generazione che ha distrutto un patrimonio che aveva il dovere di prendere in consegna e di trasmettere alle generazioni successive.
Per questo, come principale responsabile della cosa pubblica di questa città, mi corre l’obbligo di ribadire l’impegno della civica amministrazione a porre un freno ad un degrado veramente eccessivo e che non ci fa certo onore.
Quale sindaco di Aquino, non potevo evitare, sia pure di sfuggita, un riferimento del genere, ma ancora come sindaco e per questo anche portavoce e anche custode, se vogliamo, di memorie e tradizioni, mi piace rivolgere un grato pensiero e fare un atto di omaggio alla mia gente di ieri e di oggi per il suo secolare attaccamento alla Madonna della Libera che anche i vescovi che si sono succeduti in questa diocesi, hanno sempre incoraggiato.
Mi piace ricordare la fede della mia gente che da sempre si è irradiata dalle navate solenni e severe di questo tempio, sia con i suoi canti, le sue processioni, i suoi atti esteriori, sia con la preghiera intima e raccolta dei tanti che si sono alternati tra quelle antiche pietre, per chiedere all’effigie là conservata, consolazione nel dolore e forza per le difficoltà della vita.
Mi piace ricordare i tanti Libero e Libera che si sono gloriati di questo nome, segno esteriore di un affetto profondamente radicato e che io stesso ho avvertito fin da quando ero bambino, mi recavo in quell’unica chiesa in qualche modo scampata alle distruzioni dell’ultima guerra.
Oggi purtroppo i nomi di Libera e Libero si sentono sempre meno con le ultimissime generazioni, sostituiti da quelli degli eroi effimeri dei nostri giorni: cantanti, calciatori, addirittura personaggi di teleromanzi secondo una tendenza che sembra assumere il significato di un rifiuto di radicate tradizioni.
La speranza è che questa sia una tendenza solo momentanea e che le tradizioni e i messaggi lasciatici dai nostri padri, trovino il modo di non essere esclusi dal ritmo convulso della vita di oggi.
Don Battista conclude il suo libro con un capitolo intitolato “alle soglie del duemila” aperto con l’auspicio di un miracolo per i tanto attesi restauri. Bene, quel miracolo si sta compiendo e sicuramente sarà più completo nel futuro. I restauri più urgenti, dopo tante nostre insistenze, si stanno effettuando.
Ma io voglio andare più in là, formulando l’auspicio che alle soglie del duemila questo culto si prolunghi per altrettanto tempo e sia sempre motivo di unione per i nostri concittadini e che la chiesa sia sempre lì, solenne richiamo d’arte e di fede.

           
Questo miracolo, oltre che alla tenacia degli uomini, non possiamo che chiederlo a chi di miracoli dovrebbe intendersi, la nostra Madonna della Libera.

 

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